Senza cornice
di Marco Schaufelberger
Intervista in esclusiva per Metropolis al
coreografo Massimo Moricone, sul suo
Don Juan al Teatrino di Corte del
Palazzo Reale di Napoli, per il San Carlo
di Napoli.
23/settembre/2012
D: Massimo l'idea del tuo Don Juan al
femminile come nasce?
R: Sinceramente la presenza di Savignano ha un
po accentrato tutto quanto, quindi il progetto si
è sviluppato nel fattore che lei avesse una
seconda vita.
Mi piaceva l'idea che dopo essere stato cosi
feroce con le donne la lezione fosse quella di
essere trasformato in donna, o il piacere di
essere trasformato in donna, si può leggere in
tutti e due i modi.
Fondamentalmente la presenza di Savignano ha
spinto oltre la forma tradizionale.
D: La storia di Don Juan e il rapporto con
Napoli, nel suo Don Giovanni?
R: Quello ci sta, Don Giovanni nasce con Tirso
de Molina, oltre ai canovacci esistenti, ma
fondamentalmente nasce con Tirso de Molina, è
alla corte di Napoli che nasce il primo fatto, poi
è costretto a scappare va in Spagna, ma è li che
nasce a Napoli.
D: In questa versione di Don Juan ci sono
riferimenti espliciti ai culti di Iside, della
Madonna Nera ecc.?
Se ci sono sono voluti ho indotti dalla storia
originale?
R: No! fondamentalmente, mentre ci lavoravo
stranamente ci sono intrecciati con la dirittura di
Petronio e Pasolini dove ce un forte interesse
nel romanzo di Petronio per i misteri Eleusini,
dove chi si sottoponeva ha questa iniziazione
fingeva un trapasso, bevevano questa strana
droga, non sapendo cosa succedesse, cera il
segreto più assoluto su questi che avevano
accesso al rito iniziatico.
Come dire un similtrapasso che li faceva
scoprire o immaginare un aldilà, in realtà non ci
sono scritti, ma sembra che Petronio seguisse
questa strada.
Stranamente il protagonista di Petronio si
trasforma in donna, questo mi piaceva, ce poi
un viaggio agli inferi che Pasolini vede
attraverso questa carrellata infinita di Tor
Pignatara che è questa borgata romana, dove in
ogni traversa scopre un girone infernale.
Tutte questo è entrato nella seconda parte che è
la più immaginata ovviamente, mentre la prima
parte è dedicata a Don Giovanni diciamo tra
parentesi più canonica.
Mi piaceva pure la simbiosi con Leporello,
questo scarto, questo scambio di identità e di
ruoli con luno all'altro, non ci capisce mai chi
da di spada o quello che dava di qualcos'altro è
stato interessante avere Luciana e Alessandro.
D: Massimo dopo il tuo successo alla Biennale
di Venezia, quale il tuo rapporto con le arti
visive, in questo caso con la scenografia e le
contaminazioni visive?
R: Un rapporto iniziato già da parecchio tempo,
ricordo già lo spettacolo alla Biennale di
Venezia aveva un grosso intervento di Deon, ci
piace molto lavorare con questo linguaggio, ma
qui il tempo è stato poco, avrei voluto fare
molto di più.
Mi sono limitato a piccole inclusioni, i ragazzi
napoletani bravissimi, mi è piaciuto tanto, mi è
piaciuta questa di-scorsa sulla suburbia
napoletana è stato molto bello.
D: Come conclusione un tuo pensiero su Don
Giovanni?
R: La scena finale mi riporta al tema della
seduzione, anche se devo dire francamente Don
Giovanni mi interessa poco per quell'aspetto ma
di più per la sua sfida al sopranaturale che mi
intriga di più.
Però l'aspetto seduttivo ci sta è quest'ultima
scena di lei che stranamente si trova a essere la
mistress di questo poveraccio che gli è capitato
sotto le grinfie, ci riporta alla situazione
capovolta, quindi va bene, mi piace.